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Cantalupo
in Sabina |
Cantalupo
in Sabina è un comune di
Molti
sono i resti di ville di epoca romana, sparsi sul
suolo di Cantalupo. Su questi resti, subito dopo
la caduta dell’impero romano, sorsero due
piccolissimi centri appellati Pagi e Vici. Tra
l’VIII e il IX secolo gli abitanti di questi due
frazioni si ritirarono sul punto più alto del
territorio, originando così il Castrum Cantalupi.
La prima volta che viene citato con questo termine
è nel Regesto Farfense dell’anno 1037.
Furono i Conti di Cuneo i primi signori di questa
terra; a loro si deve anche l’inizio della
costruzione della Rocca. Nella seconda metà del
XIII sec. entrò a far parte dei possedimenti
della Santa Sede; nel 1278 la popolazione di
Cantalupo giurò fedeltà al Papa Niccolò III
(1277 - 1280).
Nel XIII e XIV sec. il feudo passò ai Conti di S.
Eustachio che proseguirono la costruzione del
palazzo baronale (la Rocca). Successivamente
divenne proprietà dei Savelli.
In seguito alla ribellione di Giacomo Savelli, il
Papa ordinò alla truppe di Federico da
Montefeltro di occupare Cantalupo; gli abitanti
tentarono strenuamente di difendersi
dall’assalto delle macchine da guerra, ma dopo
pochi giorni crollò la torre della Rocca. Pio II
(1458 – 1464) confiscò il feudo ai Savelli e
nel 1463, fu venduto dalla Camera Apostolica a
Giorgio Cesarini. Soltanto nel 1468 i Savelli
riuscirono a ricomprare il feudo. Ai Savelli
subentrano i Cesi di Acquasparta e di Rignano,
quando nella seconda metà del XVI sec., Paola
Savelli sposò Marco Antonio Cesi, portando in
dote il fondo. Il passaggio di proprietà dalla
famiglia Savelli ai Cesi è legalizzato da una
breve del 18 febbraio del 1565 del Papa Pio IV
(1559 – 1565). E proprio ai Cesi, e in
particolar modo al Cardinale Pier Donato, si deve
la trasformazione della Rocca dei Conti di S.
Eustachio in palazzo residenziale tra il XVI e il
XVII secolo. Non si può stabilire con certezza
chi fu incaricato di seguire i lavori di
trasformazione, secondo alcuni venne incaricato il
Vignola, altri danno per certo che fu opera
dell'architetto Gian Domenico Bianchi di Milano,
che già aveva lavorato per i Cesi ad Acquasparta.
Le stanze del piano nobile sono affrescate a
grottesche, di probabile scuola degli Zuccari. Le
alterne vicende dei possedimenti del feudo, e
indirettamente anche del Palazzo (fu del Marchese
di Vacone, dei Lante della Rovere) proseguirono
fino al 1862 quando Giovanni Battista Camucci
(figlio del pittore neoclassico Vincenzo), acquistò
il Palazzo e lo trasformò in un museo, dove
furono conservate, oltre alle opere del padre, i
lavori di Dossi, Bossano, Rebuns, collezioni
d’armi e monete; venne anche allestita una
sezione d’archeologia, per reperti di
provenienza etrusca, di età orientalizzante,
arcaica, ellenistica, anche statue, epigrafi,
bronzi e monete di varie epoche, prima conservati
a Roma nel palazzo Cesi in via della Maschera
d'Oro (acquistato anch'esso dai Camuccini). Dopo
la grande guerra, il museo non poté essere
riaperto, in quanto le collezioni in esso
contenute erano state smembrate, vendute e
disperse.
Nel 1927 Cantalupo in Sabina passò dalla
provincia di Perugia a quella di Rieti.
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