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internazionale di studi geocartografici storici
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BANCHETTO
ROMANO
Per
gli antichi Romani la
cena è il pasto più
importante, e nel
banchetto la
cerimonialità si
rappresenta con la
condivisione della
carne. Il banchetto si
apriva con abbondanti
e stuzzicanti
antipasti per
stimolare
l’appetito, chiamati
gustatio o promulsis,
dal nome del vino
mielato (mulsum) con
cui si accompagnava la
degustazione di uova,
frutti di mare e
verdure.
A seguire piatti di
carne e pesce, arrosti
di cacciagione e
piatti ricercati
(mensa prima o caput
cenae). La conclusione
di questo pasto era la
mensa seconda, termine
derivante
dall’usanza greca
(poi caduta in disuso
presso i romani), di
cambiare la tavola a
fine portata. Nella
secunda mensa c'erano
dolci, e più spesso
frutta fresca e secca,
a volte ancora cibi
salati (salsicce
ricorda Marziale e
focacce al formaggio o
molluschi riporta
Petronio).
Nella
sala sfolgora un
fasto sontuoso,
tappeti, mobili
preziosi, arredi
d'oro e d'argento.
Ad ogni servizio di
portata si rinnovano
i fiori. Dopo la
gustatio c'è un
intervallo. Musica
in sala, un poeta
recita versi greci.
Parlare greco è
molto
"in",
l'anfitrione fa
circolare tra gli
ospiti un minuscolo
scheletro d'argento,
con scritto sul
piedistallo: "Bevi
e divertiti, perché
dopo morto sarai
come lui"
(Carpe diem). I
romani stavano al
gioco. Pagani
coerenti, guardavano
alla morte con
sottomessa
serenità, del tutto
sconosciuta a noi. E
se un terrore li
assaliva, non era
quello di affrontare
le incognite
dell'aldilà, bensì
di rinunciare alle
certezze
dell'aldiquà.
"Non crescono
le viti del falerno
" ammonisce il
poeta " lungo
le tetre rive dei
laghi dell'Averno.
"
Fra queste luminose
certezze, la prima
mensa offre
manicaretti
confezionati con
salse in cui l'acido
e il piccante si
sposano
spavaldamente al
dolce del miele,
l'aceto si marita
alla menta, il mosto
al pepe e
all'origano. La
salsa più maliarda,
la Cleopatra delle
salse, era il garum,
interiora di pesce
fermentate al sole.
Nel menù arriva poi
la secunda mensa,
mentre fanciulle in
nude look eseguono
danze lascive, sotto
una nevicata di
petali di rosa.
Nei limiti del
possibile, e anche
oltre i limiti, i
romani cercano di
far partecipare
tutti e cinque i
sensi alla gioia del
convito, che si
protrae
spensieratamente
fino a tarda notte,
perché oltre a
mangiare si
conversa. L'animale
mangia solo, l'uomo
in compagnia. Unico
tra gli esseri
viventi, cuoce i
cibi, li elabora, vi
aggiunge
l'intelligenza, la
quale stimola il
gusto, e viceversa.
Questa concezione
sociale del pasto, i
romani la portarono
a un livello di
pomposa teatralità.